“Eppoi?” Che fare dopo la conclusione del ciclo scolastico?
Dopo la conclusione del ciclo scolastico molte persone con disabilità hanno scarse possibilità di inserimento sociale e tendono a chiudersi in se stesse. Non avendo più l’impegno della scuola ci si attarda un po’ a letto, si passa troppo tempo davanti alla televisione e la voglia di uscire diminuisce sempre più.
Spesso molti ragazzi smettono di leggere, non più stimolati dai compiti e dalle interrogazioni e col tempo rischiano di dimenticare. Le famiglie si preoccupano ma non è facile trovare soluzioni. Il loro diritto alle pari opportunità viene spesso dimenticato, nel mondo del lavoro l’inclusione è pressoché inesistente.
L’associazione si attiva affinché i giovani non si isolino ma continuino a partecipare alla vita sociale e culturale, attraverso laboratori in cui ciascuno possa far emergere le proprie capacità grazie alla diversificazione di interventi. Attraverso percorsi di gruppo si individuano le peculiarità di ciascuno valorizzandole.
“Alghero, sogno in segni” (Storia, Arti, Mestieri, Professioni)
Altro progetto a marchio ”Eppoi?” rende protagonisti due giovani sordi, è “Alghero, sogno in Segni”.
Possiamo apprezzare le bellezze della loro città, Alghero, considerata a ragione un sogno. I ragazzi raccontano, con la lingua dei segni, la storia della città e dei siti archeologici dei dintorni recandosi sul posto, intervistano archeologi, artigiani, artisti.
Il lavoro che mostrano ha meravigliato chiunque l’abbia visto ma pochi sanno il lavoro che c’è dietro ogni fotogramma. I due giovani, supportati da un tutor, hanno tradotto dall’italiano alla lingua italiana segni con gran fatica.
“Ti mostro il mio mondo” (Mostre d’arte)
Questo progetto ha visto un giovane che, finito il percorso scolastico, avrebbe rischiato di impigrirsi. La partecipazione ai laboratori proposti dall’associazione gli ha dato la possibilità di conoscere la persona che in seguito è diventato il suo insegnante d’arte.
È proprio giusta la famosa frase “Nessun ragazzo è perduto se ha un insegnante che crede in lui” Questo insegnante si è innanzitutto confrontato con i familiari del ragazzo, si è informato sul suo passato, su come ha iniziato ad esprimersi per comunicare con gli altri e, dopo aver visto come il disegno sia servito fin da quando era un bambino non verbale per esprimere i suoi bisogni e raccontare, si è dedicato a stimolare questa via di comunicazione.
Ci si chiede se gli insegnanti possano influenzare il destino dei loro alunni e secondo i più acclamati studi psicologici la risposta è si’, essi possono determinarne il successo o l’insuccesso.
Prendere alla lettera
Con la mostra di dipinti di Andrea Cocco che illustrano i modi di dire, intitolata “Prendere alla lettera” si è voluto evidenziare la difficoltà che alcune persone hanno nella comprensione delle metafore.
Queste problematicità non riguardano solo persone con autismo e con handicap sensoriali ma anche individui di diverse nazionalità o chi non ha abbastanza dimestichezza con la lingua italiana. Le frasi idiomatiche o modi di dire sono infiniti.
Espressioni che fanno parte del linguaggio quotidiano e che usiamo senza pensarci, senza renderci conto che stiamo parlando per metafore o che stiamo facendo allusioni più o meno colte, a fatti storici, mitologici e della cultura popolare. In un dialogo formale è preferibile non usarli ma indubbiamente danno colore ed enfasi al discorso.
L’incanto nel cuore
Per Andrea disegnare è una forma di pensiero, una maniera di mettere ordine nelle sue idee. La sua diversità spicca immediatamente, infatti Andrea disegna storie di esseri che sognano di diventare come il proprio idolo, molti dei suoi disegni risultano intimamente legati al suo immaginario bizzarro e allegro, capace di mescolare con sapiente humor e una una grande umanità, imprevedibili esseri capaci di farci sentire inadeguati alla bellezza e al candore. (Francesca Alfano Miglietti – Critico d’arte)
– I quadri di Andrea fanno un suono – dice Michele.
Giovanna che ci sente meglio dice: – Cantano.
– Hai ragione, cantano – dice Michele.
Si mettono in ascolto.
Per ascoltare, guardano. (Giovanna Zucconi e Michele Serra)